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Nell’articolo analizziamo il consumo di alcol e i suoi effetti sul metabolismo e sulla salute. Vediamo come l’alcol viene assorbito, trasformato ed eliminato dall’organismo, quali sono i fattori che influenzano la sua tolleranza e quali sono le conseguenze di un consumo acuto, cronico o moderato. Riportiamo anche il valore nutrizionale dell’alcol, le sue possibili interazioni con altri nutrienti e sostanze, e infine le raccomandazioni per un consumo responsabile.

L’etanolo rappresenta una delle sostanze più anticamente conosciute dall’uomo atte alla produzione di bevande – se ne ritrova la preparazione sin dai tempi dei Sumeri ed il consumo era ampiamente diffuso negli Egizi. Esso viene prodotto da dei microrganismi attraverso dei processi di fermentazione che sfruttano il glucosio, pertanto sono innumerevoli le sostanze in grado di fungere da substrato; la reazione non viene utilizzata solamente per la produzione di bevande ma anche per la lievitazione, dove tuttavia durante la cottura dell’alimento l’evaporazione causa la perdita di tutto il contenuto alcolico.

Assorbimento dell'etanolo

La membrana che racchiude le nostre cellule è estremamente selettiva ed impedisce la diffusione della maggior parte delle sostanze; l’alcol fa eccezione essendo una molecola molto piccola, priva di carica e particolarmente solubile. La capacità di attraversare le membrane biologiche gli consente di essere assunto rapidamente dall’organismo, ed infatti il suo assorbimento inizia già nella mucosa orale. Il transito in tale distretto come nello stomaco è molto rapido, pertanto le quantità proporzionali rispetto all’intestino sono molto ridotte tuttavia sono influenzate dalla quantità.

Alcuni dei fattori che influenzano l’assorbimento sono:

  • Quantità di alcol ingerito;
  • Modalità di assunzione – a digiuno o dopo un pasto;
  • Peso dell’individuo;
  • Sesso – si ha un diverso metabolismo;
  • Quantità di acqua corporea – essendo una molecola solubile, la quantità di acqua ne influenza la distribuzione;
  • Metabolismo dell’alcol – è soggettivo;
  • Abitudine ad assumere alcol – ne influenza il metabolismo.

La velocità di assorbimento dell’alcol è maggiore nelle bevande che presentano una gradazione non eccessiva in quanto quantità troppo alte sono responsabili di un fenomeno acuto di irritazione delle membrane gastro-intestinali, che ne provocano una riduzione; questa manifestazione è anche associata allo sviluppo di tumori. Un altro fattore di importante influenza è la situazione di digiuno: l’assunzione di alcol in concomitanza ad un pasto rallenta in modo significativo l’assunzione di quest’ultimo, in particolare le sostanze grasse – quali dolci, snack o fritti.

A fronte di un assorbimento molto rapido, l’eliminazione dell’etanolo dal circolo ematico risulta piuttosto lenta; la principale via coinvolta è quella metabolica, tuttavia una piccola percentuale viene processata da degli enzimi e può anche essere liberato attraverso la sudorazione, le urine o la lacrimazione.

  • Capacità di metabolizzazione: 100mg/ora per kg, ovvero mediamente 6-10g/ora 216

Data la lentezza di tale processo, assunzioni ripetute durante la giornata determinano un incremento dell’alcolemia (quantità di etanolo nel sangue): gli alcolisti cronici che bevono poco e spesso, al termine della giornata presentano effetti non differenti da chi effettua binge drinking.

L’abitudine a bere è un fenomeno particolarmente preoccupante ed è un comportamento che può essere segnalato da alcuni marker clinici. Il tasso alcolemico legale per la guida è pari a 0,5 grammi per litro di sangue, e corrisponde alla fascia di rischio per l’alterazione delle capacità cognitive.

Valore nutrizionale dell’etanolo

Sebbene l’alcol non rientri tra i principi nutritivi, esso apporta ben 7kCal per ogni grammo di assunzione. Il grado alcolico di una bevanda è definito come la quantità in mL di alcol etilico presente in 100 mL di bevanda, quindi per ottenere il contenuto di alcool in peso occorre moltiplicare il grado alcolico per il suo peso specifico (0.8); una unità alcolica (U.A.) corrisponde a circa 12 grammi di alcol etilico e tale quantità è contenuta in un bicchiere piccolo (125 mL) di vino di media gradazione, in un boccale medio (330 mL) di birra o in un bicchierino (40 mL) di superalcolico.

In Italia in modo particolare è presente una vera e propria cultura del vino, il quale viene considerato un alimento e rappresenta un prodotto dal valore storico. Dal solo metabolismo dell’etanolo si ottengono 7 kCal/g, ma molte delle bevande alcoliche non distillate contengono anche zuccheri e sostanze bioattive, per esempio fenoli, ferro, vitamine e proteine; la distillazione consente il mantenimento delle sole sostanze volatili, eliminando per esempio i carboidrati. Il consumo moderato di vino si è visto avere degli effetti positivi dovuti al suo contenuto di fenoli, tra cui il maggiormente importante è il resveratrolo; a suscitare interesse in questo campo è stata l’osservazione del Paradosso francese: nonostante in Francia vi sia largo consumo di prodotti di origine animale, soprattutto caseari, e pertanto un’assunzione elevata di grassi saturi la popolazione presenta un’incidenza di malattie cardiovascolari ben al di sotto della media. Studi tutt’ora in essere si stanno occupando di indagare la correlazione con il consumo di vino, che effettivamente risulta benefico nei confronti di diversi distretti dell’organismo tra cui il sistema nervoso. Il consumo esagerato di bevande alcoliche compreso il vino rimane comunque dannoso, e nessuna di esse risulta indispensabile a soddisfare alcuna delle necessità nutrizionali.

La maggior parte dell’etanolo viene assorbito a livello intestinale, convogliato nella vena porta e raggiunge in questo modo il fegato ove subisce la maggior parte delle trasformazioni metaboliche a suo carico. Una certa quota (5-15%) generalmente non riesce ad essere captata, e viene dunque eliminata attraverso la respirazione, sudorazione o urine come si era precedentemente accennato.

Le vie metaboliche implicate coinvolgono tre enzimi:

  • Alcol deidrogenasi (ADH) – nel citoplasma;
  • Catalasi – nei perossisomi;
  • Sistema microsomiale (MEOS) – nel reticolo endoplasmatico (RE).

In tutti e tre i casi l’etanolo viene ridotto ad acetaldeide, la quale raggiunge il mitocondrio per essere processata ad acetato – che viene utilizzato per ottenere energia dalla respirazione ossidativa. Se non avviene tale modificazione, la molecola non può essere processata.

L’alcol deidrogenasi è un enzima NAD dipendente che contiene uno ione zinco, necessario al suo meccanismo di azione. Si presenta in diverse isoforme – molte delle quali sono presenti nel fegato – e piccole variazioni nella sua struttura ne variano in modo significativo l’attività attraverso cambiamenti nella Km (misura dell’affinità di un enzima per il substrato) e nella Vmax (velocità di reazione ad alta concentrazioni, di saturazione, del substrato). Pertanto sebbene tali enzimi siano tutti deputati al metabolismo dell’etanolo, hanno affinità ed importanza differenti: i maggiormente attivi si trovano nel fegato, ragion per cui è l’organo di maggior rilevanza per quanto riguarda il suo metabolismo. La tolleranza nei confronti dell’alcol dipende dalla distribuzione e dall’espressione di tali enzimi, che è strettamente soggettiva.

Il sistema microsomiale al contrario degli altri è inducibile e la sua efficienza può aumentare fino a 20 volte nei bevitori abituali, determinando una miglior tolleranza all’alcol. Esso fa uso di enzimi che appartengono alla famiglia dei citocromi P450 (sistemi di detossificazione) di cui i maggiormente rappresentati sono il CYP2E1, CYP1A2 e CYP3A4.

La loro induzione generata da una frequente esposizione all’etanolo può generare ipertrofia del RE, inoltre l’enzima CYP2E1 è responsabile della metabolizzazione di numerosi farmaci – pertanto gli alcolisti ne vedono ridotta l’efficacia.

L’effetto ultimo di tali meccanismi è solitamente quello di rendere maggiormente solubili gli xenobiotici (sostanze di qualsiasi tipo, di origine naturale o sintetica, estranee ad un organismo) al fine di eliminarli attraverso le urine; si avvalgono solitamente di reazioni di idrossilazione, ma a volte operano anche un legame con il glutatione – pertanto il suo livello in caso di elevato consumo di alcol risulta abbassato rendendo l’organismo maggiormente suscettibile allo stress ossidativo.

A volte accade che alcune di queste sostanze siano particolarmente difficili da eliminare, oppure il metabolita può avere azione più tossica della molecola stessa (attivazione metabolica della sostanza) – avviene ad esempio per alcuni dei derivati del fumo.

Il contributo della catalasi è piuttosto ridotto in quanto necessita di acqua ossigenata per esplicare le sue funzioni, ma agisce in minima parte.

Effetti metabolici dell'alcol

Effetti acuti

La produzione di acetaldeide è il primo passo che compie il nostro organismo per la metabolizzazione dell’alcol; è una sostanza tossica a causa della sua importante reattività. In un non bevitore il suo contenuto è prossimo allo zero, mentre in caso di aumento ha degli effetti importanti a livello del sistema nervoso che includono mal di testa, nausea e vomito nonché un arrossamento facciale. Un metodo molto utilizzato per correggere l’abitudine all’alcolismo sfrutta tale molecola ed il suo effetto di generare malessere diffuso al fine di farvi associare a livello inconscio tali conseguenze. Il picco alcolemico si raggiunge entro 30-45 minuti a digiuno e dopo 60-90 minuti in concomitanza dell’ingestione di alimenti – in questa condizione i valori possono essere anche la metà dei valori riscontrati a digiuno.

Un consumo occasionale di alcol è più probabile che generi la classica sbornia perché è attivo solo il meccanismo dell’alcol deidrogenasi, essendo il MEOS inducibile, pertanto si ha un più lento metabolismo.

Oltre all’acetaldeide viene prodotto anche del NADH che provoca uno sbilanciamento redox all’interno della cellula: per rimediare delle reazioni a carico degli epatociti scaricano il NAD trasformando il piruvato in lattato – quest’ultimo viene rilasciato in circolo causando un abbassamento del pH del sangue. Questo evento influenza il legame dell’emoglobina all’ossigeno, riducendone il trasporto con conseguente affaticamento. La rimozione del piruvato ha tuttavia anche un altro importante effetto: essendo substrato della gluconeogenesi, essa non può essere utilizzata dall’organismo con rischio di ipoglicemie – in particolare in casi di digiuno, esercizio fisico e presenza di basse temperature poiché si stimola il consumo degli zuccheri.

Lo sbilanciamento del NAD è anche responsabile dell’inibizione del ciclo di Krebs, che causa l’accumulo di intermedi come il citrato – il quale esce dal mitocondrio nel citosol dove viene trasformato in Acetil-CoA che alimenta la sintesi degli acidi grassi nella cellula epatica generando steatosi.

Le bevande che contengono anche zuccheri, come la birra, stimolano anche la secrezione di insulina che favorisce ulteriormente questo fenomeno. L’etanolo inoltre blocca l’azione delle PPARα, recettore attivato dal fattore di proliferazione dei perossisomi che causa una minor espressione dei geni responsabili dell’ossidazione degli acidi grassi.

Effetti legati ad un consumo cronico dell'alcol

L’assunzione cronica di bevande alcoliche causa l’attivazione dei sistemi inducibili di metabolizzazione che aumentano la produzione di specie reattive dell’ossigeno (ROS) nell’organismo; tali insulti si ripetono con frequenza nel tempo, danneggiando le cellule epatiche con possibile generazione di fibrosi epatica – praticamente irreversibile – in associazione alla steatosi.

L’acetaldeide è come si diceva una molecola tossica in grado di danneggiare le componenti cellulari; può causare epatomegalia, riduzione dei livelli di glutatione, ed incremento della risposta immunitaria – gli ultimi due sono strettamente correlati e causano a loro volta un incremento dei ROS.

Nel mitocondrio l’acetaldeide deidrogenasi la processa ad acido acetico, che può avere due destini:

  • Trasformazione ad Acetil-CoA ad opera dell’acetatochinasi;
  • Trasformazione in corpo chetonico.

Nel primo caso si può presentare una situazione ottimale che consente di metabolizzarlo all’interno del ciclo di Krebs, ma si verifica soltanto se le quantità di alcol sono ridotte; in caso di assunzione accompagnata da sufficiente alimentazione si ha invece la produzione di acidi grassi, che provocano steatosi epatica; una terza possibilità si accompagna ad una carenza di nutrienti (in particolare di ossalacetato) e viene pertanto convertito in corpi chetonici, situazione che avviene solitamente nel digiuno molto spinto (48-72h) ma che si presenta facilmente nell’alcolismo a causa di una dieta squilibrata e ridotta per via di un’alterata percezione della fame.

L’incremento del peso con accumulo di triacilgliceroli e di colesterolo nel fegato aumenta anche la quota delle lipoproteine a densità molto bassa circolanti (VLDL), che favoriscono il presentarsi di ulteriori patologie legate all’insulino-resistenza: dapprima si presenta quella epatica (trattabile), in seguito sistematica fino a dare diabete di tipo II, non reversibile.

Altri effetti importanti sono a carico del sistema nervoso centrale (SNC), e causano un’alterazione del comportamento alimentare con il presentarsi di malnutrizione soprattutto proteica.

Si presentano spesso deficit di:

  • Vitamina A;
  • Tiamina;
  • Vitamina B6;
  • Vitamina C;
  • Folato;
  • S-adenosilmetionina;
  • Calcio;
  • Fosforo;
  • Vitamina D.

Effetti legati ad un consumo moderato dell'alcol

La produzione di acetaldeide è il primo passo che compie il nostro organismo per la metabolizzazione dell’alcol; è una sostanza tossica a causa della sua importante reattività. In un non bevitore il suo contenuto è prossimo allo zero, mentre in caso di aumento ha degli effetti importanti a livello del sistema nervoso che includono mal di testa, nausea e vomito nonché un arrossamento facciale. Un metodo molto utilizzato per correggere l’abitudine all’alcolismo sfrutta tale molecola ed il suo effetto di generare malessere diffuso al fine di farvi associare a livello inconscio tali conseguenze. Il picco alcolemico si raggiunge entro 30-45 minuti a digiuno e dopo 60-90 minuti in concomitanza dell’ingestione di alimenti – in questa condizione i valori possono essere anche la metà dei valori riscontrati a digiuno.

Un consumo occasionale di alcol è più probabile che generi la classica sbornia perché è attivo solo il meccanismo dell’alcol deidrogenasi, essendo il MEOS inducibile, pertanto si ha un più lento metabolismo.

Oltre all’acetaldeide viene prodotto anche del NADH che provoca uno sbilanciamento redox all’interno della cellula: per rimediare delle reazioni a carico degli epatociti scaricano il NAD trasformando il piruvato in lattato – quest’ultimo viene rilasciato in circolo causando un abbassamento del pH del sangue. Questo evento influenza il legame dell’emoglobina all’ossigeno, riducendone il trasporto con conseguente affaticamento. La rimozione del piruvato ha tuttavia anche un altro importante effetto: essendo substrato della gluconeogenesi, essa non può essere utilizzata dall’organismo con rischio di ipoglicemie – in particolare in casi di digiuno, esercizio fisico e presenza di basse temperature poiché si stimola il consumo degli zuccheri.

Lo sbilanciamento del NAD è anche responsabile dell’inibizione del ciclo di Krebs, che causa l’accumulo di intermedi come il citrato – il quale esce dal mitocondrio nel citosol dove viene trasformato in Acetil-CoA che alimenta la sintesi degli acidi grassi nella cellula epatica generando steatosi.

Le bevande che contengono anche zuccheri, come la birra, stimolano anche la secrezione di insulina che favorisce ulteriormente questo fenomeno. L’etanolo inoltre blocca l’azione delle PPARα, recettore attivato dal fattore di proliferazione dei perossisomi che causa una minor espressione dei geni responsabili dell’ossidazione degli acidi grassi.

Effetti legati ad un consumo cronico

Alcuni dei possibili meccanismi patogenetici che sono stati identificati riguardano il fatto che l’etanolo è una sostanza tossica, non necessaria all’organismo e che potrebbe inoltre veicolare dei cancerogeni di altro genere durante il suo assorbimento – dunque per esempio mangiare della carne rossa processata insieme ad un bicchiere di vino potrebbe far assorbire di più i composti tossici che si producono con la cottura. Esso inoltre provoca induzione enzimatica attivando i carcinogeni, aumenta la degradazione degli antiossidanti e la produzione di ROS ed aldeidi, nonché l’assorbimento del ferro. È responsabile anche di infiammazione cronica di pancreas, fegato ed esofago.

Le evidenze scientifiche riportano tutta una serie di effetti dell’etanolo: mettendone una goccia in un vetrino contenente una cellula, essa va incontro alla trasformazione neoplastica. Nel corpo umano fortunatamente non si verificano eventi del genere o sarebbe sufficiente un bicchiere di vino per sviluppare un tumore, ma i dati epidemiologici parlano chiaro – l’assunzione eccessiva di alcol incrementa il rischio neoplastico, mentre nella fascia di consumo che sta nel mezzo questa associazione non è del tutto chiara. Così come nel rischio cardiovascolare infatti sembra addirittura che un consumo moderato durante i pasti (salutari) possa essere irrilevante, pertanto si consiglia di limitarne l’assunzione in concomitanza di questi. Le unità e le raccomandazioni sono sempre le stesse: una al giorno per la donna e due per l’uomo; ogni unità corrisponde a 12g di etanolo che sono contenuti in un bicchiere di birra da 330mL, in uno di vino da 125mL, in un aperitivo da 80mL o in un superalcolico da 40mL.

I dati epidemiologici non sono tuttavia in grado di distinguere la tipologia di bevanda alcolica, pertanto per loro vino o superalcolico non cambia dal momento in cui si assume la stessa quantità di alcol; i benefici riscontrati negli studi degli ultimi 20 anni che hanno indagato il consumo di vino rosso sono dovuti alla presenza di un polifenolo, il resveratrolo. Esso è un pro-ossidante capace di determinare tramite complessi procedimenti la produzione di antiossidanti endogeni come il glutatione, ma la sua concentrazione nel vino è troppo bassa per poter apportare degli effettivi benefici – in un litro è presente appena 1μmol di polifenolo a fronte di 999 unità di alcol, quindi è difficile pensare che riesca a sopravanzare gli effetti dell’etanolo. Probabilmente l’effetto protettivo è dovuto in parte alle sostanze benefiche effettivamente presenti in alcuni tipi di bevande, ma soprattutto dal moderato consumo della sostanza tossica alcol che viene metabolizzato in maniera corretta se le quantità non sono eccessive. È sempre giusto consigliare di non bere ma se la persona è equilibrata e consuma in modo moderato l’alcol allora non c’è ragione di vietarne l’assunzione.