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Dieta per steatosi epatica non alcolica

La steatosi epatica non alcolica è un’alterazione del fegato analoga a quella riscontrabile in caso di abuso di alcool ma i soggetti non bevono esageratamente ed inoltre non sono presenti altre cause tipiche (HBV, HCV, ..). Rimane comunque una patologia che nella maggioranza dei casi ha un’evoluzione benigna e reversibile: la terapia si basa solo sulla modificazione della dieta e dello stile di vita.

La steatosi epatica non alcolica (Non Alcoholic Fatty Liver Disease, NAFLD) è una malattia emergente nel mondo occidentale e si suppone che in futuro diverrà la principale causa di cirrosi epatica; il quadro anatomopatologico vede un’alterazione del fegato analoga a quella riscontrabile in caso di abuso di alcool ma i soggetti non bevono esageratamente ed inoltre non sono presenti altre cause tipiche (HBV, HCV, ..). Ciò che si osserva è un enorme accumulo di lipidi nel fegato che viene a rappresentare più del 5-10% del suo peso; nella pratica clinica la diagnosi viene effettuata con un’ecografia ma è sensibile solo a condizioni maggiori del 33%. Viene chiamata anche steatosi epatica metabolica perché è una malattia prevalentemente associata ad obesità e diabete; negli Stati Uniti pare che la prevalenza sia più alta rispetto all’epatite C – che sta migliorando anche grazie alla presenza dei nuovi antivirali, mentre le malattie metaboliche sono un aumento. Nella maggior parte dei casi la patologia si presenta semplicemente come tale, ma i soggetti che non si curano possono andare incontro ad una reazione infiammatoria che li conduce da una situazione di possibile regressione alla NASH – epatite cronica non regredibile.

La NAFLD è una patologia cronica associata allo spettro della sindrome metabolica; trattasi di una sindrome che ruota intorno all’obesità – ma non necessariamente, soprattutto a quella viscerale dove la circonferenza della vita supera i 94cm nell’uomo ed i 80cm nella donna – cui si associano almeno due delle seguenti condizioni:

  • Iperglicemia
  • Basso colesterolo HDL
  • Ipertrigliceridemia
  • Ipertensione

Alla base della patogenesi sia della SM sia della NAFLD c’è la presenza dell’insulino-resistenza, poiché il tessuto adiposo – che si deposita solitamente sottocute ma quando è in eccesso tende ad infiltrare anche nei muscoli striati (cuore compreso) – non è solo un tessuto di deposito inerte ma si tratta di un vero e proprio organo endocrino che secerne adipochine e citochine. Soprattutto tra le adipochine si trovano delle molecole pericolose come il TNFα, mediatore dell’infiammazione, che nei soggetti obesi incrementa in maniera proporzionale al peso corporeo; se tale fattore è elevato ed in eccesso crea dei problemi come l’aumento del rilascio di acidi grassi liberi e il decremento dell’adiponectina, condizione che si accompagna ad una ridotta sensibilità epatica all’insulina (resistenza).

L’insulino resistenza è una condizione in cui per mantenere la glicemia a livelli normali il pancreas deve produrre più insulina; la situazione è identificabile come l’anticamera del diabete. Si può identificare mediante una glicemia a digiuno >110mg/dL oppure un’insulinemia >25ng.

Gli acidi grassi che vengono liberati in eccesso raggiungono il fegato che inizialmente li ossida, ma in seguito li accumula soprattutto sotto forma di trigliceridi (90%) ma anche di colesterolo; i pazienti maggiormente affetti da questa condizione sono i diabetici e gli obesi, si rende necessario curare innanzitutto la patologia primitiva. Fino a poco tempo fa la lesione era considerata benigna ma non si sapeva che può evolvere in una condizione maggiormente grave: in una certa percentuale di casi – ancora molto variabile poiché l’attenzione a questa patologia è piuttosto recente – può evolvere come già accennato in una forma di epatite cronica (NASH) che in quanto tale presenta il rischio di diventare cirrosi, una condizione grave, irreversibile e terminale che tuttavia segue di solito ad epatiti croniche che durano diversi anni. Informare i pazienti che se non si curano possono andare incontro ad una complicanza tanto grave può rappresentare un efficace sprono a seguire la dieta o la terapia.

La recente attenzione nei confronti di questa patologia deriva anche dal fatto che obesità e diabete sono molto presenti nei paesi occidentali, ed ora si sta iniziando ad osservare questa tendenza anche nei paesi in via di sviluppo – per lo meno nelle fasce di popolazione più ricche. In Italia si stima che il 20-25% della popolazione ne sia affetta, si tratta di numeri molto grandi perché 1 adulto su 4 la presenta e purtroppo riguarda anche i bambini (il nostro paese vede una grossa incidenza di obesità infantile, siamo secondi solo agli spagnoli e per esempio negli USA la condizione interessa maggiormente gli adulti).

Rimane comunque una patologia che nella maggioranza dei casi ha un’evoluzione benigna e reversibile, infatti la mortalità fegato-correlata per NAFLD rispetto alle altre cause di malattie epatiche è bassa – tuttavia è correlata ad un’alta mortalità per malattie cardiovascolari, soprattutto se degenera in NASH. Sia l’obesità che il diabete sono a loro volta dei fattori di rischio, quindi sommandoli magari anche con qualche abitudine errata come per esempio il fumo si viene a determinare un quadro dove la probabilità di incorrere in un evento di tale tipologia risulta piuttosto elevata. La terapia si basa solo sulla modificazione della dieta e dello stile di vita.

Diagnosticare la steatosi epatica è piuttosto semplice: si utilizza un indice – il Fatty Liver Index (FLI index) – utile a determinare in poco tempo se il paziente può potenzialmente presentare tale condizione. Essendo la steatosi associata alla sindrome metabolica, i fattori che entrano in gioco sono il BMI, la circonferenza della vita, i trigliceridi e l’enzima epatico γ-GT – che si innalza in caso di steatosi. Sono presenti in rete dei file/programmini già predisposti, ove è sufficiente inserire i dati del paziente per ottenere il risultato. L’interpretazione è piuttosto semplice:
• FLI index >60 – probabilità di presentare steatosi maggiore dell’85%;
• FLI index <30 – probabilità di non presentare steatosi maggiore dell’85%.
Sulla base di questi risultati si può consigliare o meno lo svolgimento dell’ecografia.
Mettendo in correlazione il FLI index con la sensibilità insulinica periferica si può notare come essi siano inversamente proporzionali; analoga osservazione si può fare rispetto ai livelli circolanti di adiponectina, un ormone insulino-sensibilizzante.

Per quanto riguarda invece il rischio cardiovascolare, l’indice IMT – che rappresenta lo spessore intima-media della carotide, ed è un fattore di rischio – è a sua volta correlato con la NASH. Dato che più l’indice IMT è alto più alta è la tendenza alla formazione di trombi e all’insorgenza di aterosclerosi, si può dire che il FLI index è un predittore non solo della possibilità di aver la steatosi epatica ma anche del rischio cardiovascolare.
Un altro dei problemi della NAFLD è la sua tendenza ad evolvere in cirrosi: esiste una piramide a doppia via che mostra come solo una piccola fetta dei pazienti considerati affetti da fegato grasso vanno incontro ad una vera e propria malattia del fegato e alla NASH, mentre considerando i pazienti che si recano dal medico perché hanno già avuto la diagnosi la piramide si inverte – in questo caso la malattia è già avanzata.

Il metodo diagnostico di maggiore importanza è l’ecografia: il grasso riflette gli ultrasuoni molto più del parenchima normale del fegato, pertanto l’organo sano quando si fa un’ecografia risulta grigio scuro mentre in caso di infiltrazione di grasso esso si presenta grigio chiaro quasi bianco – è pertanto detto anche “fegato brillante” o “fegato a cielo stellato”. Un fegato normale dovrebbe apparire dello stesso colore della corticale del rene destro – che in figura si può identificare per la sua forma a ferro di cavallo – che poggia sul fegato stesso. Una volta si riteneva necessario effettuare una biopsia ma oggi questo esame non viene più svolto sia perché l’ecografia è completamente priva di rischi mentre la biopsia, oltre ad essere un esame invasivo, non lo è, sia perché soprattutto nel periodo iniziale la steatosi potrebbe interessare solamente una parte dell’organo – quindi l’esame potrebbe dare dei risultati falsi negativi dovuti all’errore di campionamento.

È opportuno effettuare una biopsia se si sospetta una NASH, in quanto l’ecografia non è in grado di identificare l’infiammazione. Fattori di rischio per tale progressione, che quindi giustificano la richiesta di svolgimento dell’esame, sono:

  • Età > 50 anni
  • BMI > 28/Kg/m2
  • Obesità centrale
  • Attività necroinfiammatoria alla bx
  • ALT > 2x normale
  • AST/ALT > 1
  • Trigliceridi > 150 mg/dL
  • Insulino-resistenza o diabete tipo 2
  • Ipertensione

Di maggiore importanza sono le alterazioni degli esami del fegato, poiché le transaminasi risultano normali in caso di steatosi. Consigliare la biopsia è opportuno soprattutto se il paziente presenta aspetti della sindrome metabolica e della steatosi, se ha positività per i marker della fibrosi – anche in caso di assenza di sindrome metabolica – e se presenta le transaminasi elevate. Se nonostante l’adozione di una dieta adeguata e di uno stile di vita sano l’alterazione delle transaminasi persiste è opportuno effettuare la biopsia.
Non è necessario che la condizione venga affrontata immediatamente con un approccio farmacologico ma è opportuno intervenire prima sullo stile di vita; solo in seguito al fallimento dell’approccio nutrizionale si può passare al trattamento farmacologico – resta il fatto che un farmaco per il trattamento dell’obesità non esiste, sebbene ne siano stati messi in commercio alcuni sono poi stati ritirati per i numerosi effetti collaterali.

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