Circa il 20-25% della popolazione mondiale è affetta da sindrome dell’intestino irritabile o IBS (dall’inglese Irritable Bowel Syndrome) che rientra tra i disturbi dell’interazione tra intestino e cervello.
Dieta per la sindrome dell’intestino irritabile (IBS)
Con il termine sindrome si indica solitamente una condizione caratterizzata da un insieme di sintomi non ben definiti; la sindrome dell’intestino irritabile (anche detta IBS, Irritable Bowel Syndrome) pertanto si configura come una combinazione variabile di sintomi gastrointestinali cronici e ricorrenti, non spiegabili con la presenza di alterazioni strutturali o biochimiche – pertanto non si possono osservare infiammazioni né altre alterazioni, pur trovandosi in presenza di un malfunzionamento dell’organo. Si tratta quindi di un disordine intestinale funzionale in cui il sintomo principe è il dolore addominale, il quale si relaziona a problemi di evacuazione (quando il soggetto libera l’intestino il mal di pancia termina), accompagnato da cambiamenti dell’alvo – alterata defecazione e distensione dell’addome.
Si stima che la sindrome dell’intestino irritabile abbia una prevalenza del 20-25% nella popolazione generale, della quale colpisce prevalentemente le donne in rapporto 2:1 ma recentemente i valori si stanno riequilibrando. È una patologia risultato di alterazioni sia della funzione motoria e secretiva gastrointestinale – spesso pazienti affetti da iperacidità gastrica – sia delle sensazioni viscerali ma coinvolge anche attività del SNC, del SNA e della flora batterica; si presenta particolarmente in soggetti attenti alle sensazioni somatiche e viscerali con scarsa capacità di fronteggiare le situazioni stressanti, che magari presentano anche ipersensibilità viscerale. È stata definita anche una sindrome post infettiva perché in certi casi si manifesta in seguito ad una malattia intestinale, ma solamente in soggetti predisposti.
L’IBS clinicamente si presenta come una patologia ad andamento ricorrente e provoca dolore addominale che si accompagna a variazioni della frequenza dell’alvo o a feci poco formate; si presenta pertanto un fastidio o dolenzia diffuso a tutti i quadranti addominali, sensazione che viene alleviata dall’emissione di feci o gas. I sintomi a causa della loro frequenza sono invalidanti sebbene non siano associati a segni di malassorbimento, ma non interrompono quasi mai il sonno: addormentarsi provoca lo spegnimento dell’asse intestino-cervello.
Nella diagnostica della patologia, si classificano tre condizioni:
- Prevalenza della stipsi – nei periodi di peggioramento si presenta la stipsi, con feci dure o caprine per più del 25% delle evacuazioni;
- Prevalenza di diarrea – nei periodi di peggioramento il paziente accura diarrea, con feci non formate per più del 25% delle evacuazioni;
- Alvo alterno – si vedono entrambe le manifestazioni a fasi alterne, rappresenta più del 50% dei casi.
L’andamento è cronico con carattere fluttuante e nel corso degli anni le riacutizzazioni dei sintomi coincidono con eventi stressanti, sia di tipo fisico (es. interventi chirurgici, infezioni virali o batteriche), che di tipo psichico (es. stress, separazioni, lutti).
La diagnosi può ragionevolmente essere formulata utilizzando i criteri di Roma in assenza di segni d’allarme, come il sanguinamento rettale, la perdita di peso, la febbre, o di altri sintomi e segni che potrebbero suggerire un’altra eziologia.
I FODMAP acronimo che sta per oligosaccaridi fermentati (FO), disaccaridi (D), monosaccardi (M), e polioli, (P): si tratta sostanzialmente di carboidrati a catena corta (zuccheri come fruttosio, lattosio, fruttani, lattani ecc.) che vengono scarsamente assorbiti nel piccolo intestino, dove subiscono processi di fermentazione che nei soggetti sensibili possono dar luogo a manifestazioni come la Sindrome dell’Intestino Irritabile.
La strategia terapeutica per la sindrome dell’intestino irritabile si basa principalmente sul trattamento dei sintomi riferiti dal paziente, essendo spesso sconosciuta la causa scatenante.
Solitamente la dieta Low-FODMAP si sviluppa in tre fasi:
- La prima fase prevede una forte riduzione dei FODMAP, della durata di 3-6 settimane. In questo arco temporale il miglioramento sintomatologico è tanto più rapido e pronunciato, quanto maggiore è la riduzione dei FODMAP rispetto alla dieta abituale.
- Nella seconda fase, di durata variabile, vengono reintrodotti progressivamente singoli alimenti contenenti FODMAP, una o più volte alla settimana, per testare la soglia di tolleranza del paziente. In questa fase, sempre con la guida di un esperto, si potranno verificare i tipi e le quantità settimanali di cibo tollerati senza che il paziente avverta disturbi.
- La terza fase si basa sui risultati ottenuti nel corso della seconda, arrivando ad una dieta che il paziente potrà gestire successivamente in maniera autonoma.