La celiachia è una patologia intestinale caratterizzata da un’intolleranza permanente al glutine, sostanza proteica presente in cereali come frumento, farro, kamut, orzo o segale, che causa un’atrofia parziale o totale dei villi intestinali con conseguente riduzione dell’assorbimento dei nutrienti.
Dieta per la celiachia e sensibilità al glutine non celiaca
La celiachia è una patologia – anche se sarebbe più corretta definirla come una condizione cronica – autoimmune, ed in particolare è l’unica della quale si conosce l’agente determinante, ovvero il glutine. In presenza di una certa
sensibilità genica infatti, l’intervento errato delle transglutaminasi su tale molecola provoca una reazione immunitaria che agisce a livello intestinale dove apporta delle lesioni nella seconda porzione duodenale e nell’intestino tenue. Per il suo esordio è solitamente necessario il concorso di alcuni fattori ambientali (in particolare di stress a carico dell’organismo), e nell’adulto non è sempre semplice da individuare perché non presenta sempre dei sintomi classici. Si tratta infatti di una risposta immunitaria adattativa e non innata, che viene sollecitata quando il glutine, passando nella sottomucosa intestinale, viene processato dalla trasglutaminasi che ne catalizza una deamidazione delle glutammine – questa modifica le rende maggiormente immunogeniche. A questo punto l’organismo innesca una reazione infiammatoria che a poco a poco altera la mucosa intestinale fino a compromettere in maniera più o meno severa la capacità di assorbimento dei nutrienti. Il danno tissutale, anche se il paziente sottoposto a dieta risulta completamente sano, non reverte completamente. La difficoltà nella diagnosi è causata dalle differenti modalità di presentazione clinica che caratterizzano la malattia; essa infatti può presentarsi in maniera classica – dove troviamo i tipici sintomi da malassorbimento– oppure subclinica – mono o paucisintomatica; si hanno anche due forme particolarmente difficili da individuare ovvero quella silente – asintomatica dal punto di vista intestinale – o quelle latente (o potenziali) – in questi casi possono essere presenti o meno sia i sintomi sia i danni a carico dell’epitelio osservabili attraverso la biopsia.
L’incidenza globale della patologia si aggira intorno all’1%, tuttavia presenta dei valori molto variabili e mancano informazioni da molti paesi. L’Europa presenza un’incidenza simile a quella totale globale, ma è stimato che per ogni caso diagnosticato cinque non lo sono in quanto silenti o atipici; in Italia 9 celiaci su 10 non sanno di essere malati.
La dieta senza glutine è l’unica terapia che garantisce al celiaco di mantenere un perfetto stato di salute e di ridurre il rischio di complicanze e di mortalità. Le problematiche principali sono due: intanto dopo la diagnosi e l’inizio della terapia, con il miglioramento dell’assorbimento intestinale, la persona tende ad ingrassare; in secondo luogo i prodotti da forno confezionati hanno solitamente un profilo di nutrienti pessimo – pertanto bisogna aiutare il soggetto a fare le corrette scelte alimentari modificando opportunamente le sue abitudini.
Mai effettuare un’autoprescrizione della dieta, in quanto tutte le diete che escludono qualche alimento senza un motivo conclamato comportano deficit nutrizionali se effettuate nel lungo periodo.
La sensibilità al glutine non celiaca (NCGS) è stata oggetto di recenti attenzioni, data che la sua esistenza è stata a lungo non riconosciuta. Si tratta di una patologia correlata spesso con l’intestino irritabile e sensibilità ad altri cibi, per la quale si può effettuare sola diagnosi clinica dopo aver escluso la presenza di un’allergia. La sintomatologia è molto simile a quella della celiachia. Recenti evidente fanno supporre un coinvolgimento del microbioma.
Non sono ancora presenti dei marker diagnostici efficaci; si è suggerito il possibile utilizzo degli anticorpi anti-gliadina, ma come per la celiachia sono caratterizzati da bassa sensibilità e specificità.
Se i sintomi migliorano dopo la rimozione del glutine e tornano a peggiorare dopo la sua reintroduzione nella dieta, al paziente viene diagnosticata la NCGS.
I pazienti con NCGS, a differenza dei celiaci, possono anche ritornare sani dopo un certo periodo di tempo.
Il nutrizionista può aiutare questi pazienti a calibrare la propria alimentazione nel tempo, assicurando al paziente una dieta equilibrata che non li privi di nutrienti essenziali.