La fenilchetonuria (PKU) e la iperfenilalaninemia (HPA) sono due malattie metaboliche congenite che provocano l’accumulo dell’aminoacido fenilalanina nell’organismo. Questo accumulo è dovuto alla mancanza dell’enzima fenilalanina idrossilasi, che normalmente converte la fenilalanina in tirosina. Se non trattata, la PKU può causare gravi danni cerebrali e altri sintomi neurologici e fisici. Tuttavia, una diagnosi precoce e una dieta povera di fenilalanina possono prevenire questi sintomi e permettere uno sviluppo normale.
- Intellettivi – ritardo mentale grave, turbe comportamentali, crisi emotive.
- Neurologici – convulsioni, difficoltà alla deabulazione, ipertono muscolare con iperriflessia e cloni, tremori.
- Extraneurologici – eczema, depigmentazione della cute e dei capelli, microcefalia, odore di urine di topo.
La malattia è caratterizzata da una certa variabilità sia a livello genetico che fenotipico; sono stati individuate più di 890 mutazioni che la possono causare.
Le complicanze della PKU sono imputabili, e direttamente proporzionali, all’accumulo metabolico di fenilalanina, dei suoi derivati e della ridotta sintesi di tirosina. Ciò che complica la fenilchetonuria è la tossicità della fenilalanina, dell’acido fenilpiruvico e dei suoi derivati nei confronti del sistema nervoso centrale. Si tratta di molecole solubili nel liquido cerebrospinale, pertanto in grado di oltrepassare la barriera ematoencefalica; purtroppo, la loro presenza eccessiva in fase di sviluppo cerebrale determina inesorabilmente una forma di ritardo mentale. Il danno cerebrale, quale grave complicanza della fenilchetonuria, è causato dalla sottrazione degli altri amminoacidi essenziali nella proteosintesi, in particolare nella formazione della mielina, della noradrenalina e serotonina. La fenilchetonuria, non visibile subito dopo la nascita ma dopo qualche anno, se non trattata, provoca un danno cerebrale irreversibile; essa, in stadio avanzato, può anche essere ben visibile ad occhio nudo. Le alte concentrazioni di fenilalanina, inibendo l’enzima tirosinasi, compromettono significativamente la sintesi della melanina riducendo la pigmentazione della pelle e dei capelli; inoltre, l’accumulo di fenilacetato nei capelli e nella pelle conferisce ai fenilchetonurici un forte e sgradevole “odore di topo”.
In seguito alla diagnosi si inizia immediatamente la dieta: la famiglia del bambino deve essere istruita, ed i malati sono seguiti nel tempo per verificare come si comportano i livelli dell’amminoacido nel sangue; dopo il raggiungimento dell’equilibrio i controlli sono solitamente meno serrati. Il trattamento di questa malattia ha come scopo il mantenimento dei livelli di fenilalanina nel sangue tra i 2 ed i 10mg/dL; esso consiste in una dieta povera dell’amminoacido, che può essere mantenuta negli infanti grazie ad alimenti con speciali formulazioni, mentre negli adulti eliminando la carne e utilizzando cereali con scarso apporto proteico. Si devono tener sotto controllo gli apporti di cereali, farine, frutti e vegetali, e sono raccomandati dei sostituti del latte. È molto importante anche evitare di assumere alimenti dolcificati con aspartame, in quanto derivato della fenilalanina.
La dieta prevista è da mantenere per tutta la durata della vita: gli adulti che la sospendono incorrono negli stessi danni dei bambini non trattati per mancata diagnosi. Le donne gravide che risultano essere portatrici sane, e rischiano di avere un figlio affetto, devono sottoporsi ad una dieta analoga sin da prima del concepimento in quanto la fenilalanina è in grado di attraversare la placenta creando danni al feto.
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