Il sale
Il nome chimico del sale da cucina è cloruro di sodio ed è formato da un atomo di sodio (Na) ed uno di cloro (Cl); si può trovare sciolto in acqua per cui il processo di produzione prevede l’evaporazione della stessa mediante l’utilizzo dell’energia del sole o dell’energia elettrica e successivamente viene effettuato un processo di raffinazione. Il sale si può però trovare in natura anche allo stato solido ed in questo caso prende il nome di salgemma: dall’estrazione in miniera si ottengono dei grossi cristalli che vengono in seguito macinati per raggiungere le granulometrie commerciabili.
Azione fisiologica del sale
Il sodio è presente principalmente nei liquidi extracellulari, in quantità minore nei liquidi intracellulari e nelle ossa.
Svolge importanti funzioni quali regolazione della pressione osmotica, del volume dei liquidi extracellulari e dell’equilibrio acido-base; interviene nella trasmissione dell’impulso nervoso, nel mantenimento del potenziale di membrana e dei gradienti elettrochimici transmembrana.
Il sodio degli alimenti è totalmente assorbito nell’intestino tenue e nel colon. La regolazione del contenuto corporeo di sodio avviene per opera dell’aldosterone.
Tipi di sale
I sali marini più comuni sono il sale grosso, il sale integrale ed il sale iodato. Vi sono però anche particolari tipologie di sale caratterizzati da aromi particolari, che possono aiutare ad insaporire gli alimenti riducendone le quantità utilizzate.
Sale rosso delle Hawaii
Si tratta di un tipo di sale non raffinato dalla peculiare colorazione dovuta alla presenza dell’argilla rossa vulcanica ed in particolare alla sua componente ferrosa; è conosciuto all’estero come Alaea Salt o Sale Hawaiano.
Sale grigio bretone
Raccolto nelle saline francesi ed inglesi, deve il suo colore al cospicuo contenuto di magnesio presente nell’argilla nella quale avviene la cristallizzazione.
Fior di sale
Noto anche come caviale del sale per via della sua rarità:si forma solo nei mesi estivi ed inoltre richiede una raccolta manuale per effettuare correttamente il processo di selezione; il prodotto non viene raffinato né lavorato pertanto mantiene tutti i minerali che residuano dall’evaporazione dell’acqua marina. Le principali produzioni si trovano nel nord della Francia, nella Bretagna meridionale e in Italia (Sicilia e Sardegna) dove viene solitamente miscelato con aromi come agrumi, erbe, zafferano e mirto.
Sale rosa dell’Himalaya
Viene estratto dalle miniere di sale di Khewra ed si presenta rosato per via del contenuto di polialite; oltre al sodio apporta anche altri minerali come potassio, magnesio, calcio e zolfo.
Sale blu di Persia
Deve la sua colorazione blu alla presenza di silvite, che gli conferisce anche una sapidità decisa ed un retrogusto leggermente speziato; proviene dalle millenarie miniere dell’Iran.
Sale viola indiano
L’estrazione avviene nell’India Centrale ed è caratterizzato dalla consistenza soffice e dal gusto sulfureo (è infatti utilizzato dai vegani per conferire ai piatti un sapore “di uovo”); la colorazione va dal rosa al viola intenso ed è dovuta al contenuto di greigite. Viene chiamato anche Kala Namak.
Perché preferire il sale marino integrale?
Il sale marino integrale contiene fino ad 84 minerali ed oligoelementi essenziali in quantità variabili a seconda dell’area geografica in cui si trova. Tra i più rappresentati troviamo calcio, magnesio, potassio, ferro, iodio e zinco. Il suo colore, non contenendo additivi, varia e si presenta in diverse tonalità dal grigio al rosso al blu a seconda degli elementi predominanti.
La maggior parte del sale che troviamo nei supermercati, invece, ha subito processi di raffinazione in cui viene lavato, essiccato, ridisciolto in acqua, filtrato, rievaporato, sbiancato con sostanze chimiche al fine di eliminare le cosiddette “impurità” e ottenere un quantitativo di NaCl pari a circa il 99,5% a scapito di tutti gli altri elementi presenti naturalmente in natura.
Il sale marino integrale contiene naturalmente lo iodio, un minerale importantissimo per l’organismo umano in quanto necessario al corretto funzionamento della tiroide, una ghiandola endocrina che si trova alla base del collo e produce degli ormoni che contengono lo iodio nella loro struttura chimica.
Il fabbisogno giornaliero di iodio non è molto elevato, pertanto il minerale rientra nel gruppo dei micronutrienti: sono sufficienti appena 150-200 mg al giorno. Questo apporto, sebbene molto piccolo, è di fondamentale importanza per il corretto funzionamento della ghiandola che oltre a regolare il metabolismo ed è indispensabile per la salute del sistema nervoso; le manifestazioni della carenza possono essere più o meno preoccupanti in base alla gravità della carenza stessa e al periodo di vita in cui essa si verifica – in particolare è estremamente importante che i bambini con meno di 3 anni e le donne in gravidanza prestino attenzione a soddisfare correttamente il fabbisogno perché gli ormoni tiroidei sono fondamentali per lo sviluppo del sistema nervoso ed una carenza di iodio in questi periodi può comportare anche ad un ritardo mentale permanente.
In Italia si stima che circa 6 milioni di persone (più del 10% della popolazione) presentino una carenza di iodio; anche deficit lievi possono portare a disturbi intellettivi minori. La quantità che deve essere ingerita giornalmente da adulti ed adolescenti è pari a 150 mg, mentre le donne in gravidanza ed allattamento ne devono assumere di più per garantire un apporto adeguato al bambino.
La principale fonte di iodio per l’uomo è rappresentata dagli alimenti, nei quali tuttavia il contenuto è molto variabile: i vegetali per esempio ne contengono quantità differenti in base alla presenza del minerale nel terreno dove vengono coltivati e analogamente le fonti animali dipendono da quanto ne assume la bestia con l’alimentazione. Gli alimenti che ne sono più ricchi sono i pesci di mare ed i crostacei, ma anche le uova, il latte e la carne ne contengono quantità elevate.
Studi specifici hanno consentito di determinare che normalmente con la dieta la popolazione non riesce a soddisfare il fabbisogno giornaliero di iodio. Il modo migliore per aumentarne l’assunzione è quello di utilizzare il sale arricchito: si tratta di un comune sale da cucina a cui sono stati aggiunti dei sali di iodio. Il prodotto ha lo stesso aspetto, odore e sapore di quello normale e non alterai sapori dei cibi cui viene aggiunto; in aggiunta allo iodio assunto con la dieta quindi ogni grammo di sale iodato fornisce 30 microgrammi di minerale in più – ovvero un quinto del fabbisogno totale di un adulto. Tutti possono fare uso di questo tipo di sale all’interno di un’alimentazione bilanciata, ricordando di non superare mai i 5g al giorno: con queste dosi le quantità saranno sempre inferiori ai valori che possono provocare effetti negativi.
Equilibrare le quantità
Da anni le principali società ed organizzazioni che si occupano di alimentazione e salute ci avvisano: bisogna ridurre il consumo di sale. Anche se il messaggio pare sia arrivato alla maggior parte della popolazione non si è ancora riusciti a debellare la credenza diffusa che questa attenzione sia necessaria solo in età senile; limitare l’introito di sodio è invece importante a tutte le età, iniziando dalla prima infanzia, per prevenire soprattutto il rischio di ipertensione – ovvero di aumento della pressione arteriosa – ma anche di altre patologie come l’osteoporosi e tumori dell’apparato digerente.
Recentemente l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) ha modificato le linee guida sul consumo del sale abbassando a 2000 mg al giorno la quantità massima di assunzione pro die di sodio (equivalente a 5 grammi di sale da cucina) e ponendo l’attenzione sul consumo di potassio (di cui sono ricchi frutta, ortaggi e legumi) che non dovrebbe scendere sotto i 3510 mg al giorno.
L’OMS sottolinea come elevati livelli di sodio, accompagnati da bassi livelli di potassio, sono correlati ad un aumento del rischio di ipertensione che può condurre a patologie cardiovascolari, infarto e ictus.
Il sodio si trova naturalmente in molti alimenti, dal latte (circa 50 mg di sodio per 100 g) alle uova (circa 80 mg/100 g). Ma si trova anche, in quantita’ molto piu’ elevate, in alimenti trasformati, come pane (circa 250 mg/100 g), salatini (circa 1.500 mg/100 g) o condimenti quali la salsa di soia (circa 7.000 mg/100 g).
Secondo le stime della Commissione Europea, il sale presente nei cibi industriali, o consumati fuori casa, è più del 75% e quello aggiunto nelle preparazioni domestiche è solo il 10% circa. Si stima che in Italia il consumo di sale pro-capite sia di circa 10 grammi al giorno, il doppio di quello consigliato dai LARN (2014) come assunzione massima nell’adulto.
Cos’è l’ipertensione?
L’ipertensione è una condizione che si presenta quando la pressione del sangue nelle arterie risulta elevata e colpisce circa il 30% della popolazione adulta; non si tratta di una vera e propria malattia ma rappresenta un fattore di rischio che aumenta la probabilità che si presentino altre malattie cardiovascolari.
Con il crescere del grado di ipertensione aumenta proporzionalmente anche il rischio di incorrere in patologie cardiovascolari; queste malattie sono ad oggi la prima causa di morte nel mondo, in particolare nella donna (55%, mentre nell’uomo 43%).
L’ipertensione può essere conseguenza di diverse patologie ma nel 95% dei casi la sua eziologia è di tipo primario: non esiste una causa precisa, identificabile e curabile ma gli elevati valori pressori dipendono dall’alterazione dei meccanismi di regolazione. Questo tipo di ipertensione interessa anche i soggetti più giovani.
I fattori che predispongono a sviluppare questa condizione sono diversi:
- Familiarità
- Età
- Sovrappeso e sedentarietà
- Fumo e alcool
- Stress
- Disequilibrio di sodio e potassio
Rispetto a quest’ultimo punto l’alimentazione riveste un ruolo di primaria importanza: mangiare cibi troppo ricchi di sale o comunque avere una dieta ricca di sodio e povera di potassio contribuisce allo sviluppo di questo stato.
Cosa puoi fare per ridurre il consumo di sale?
Ogni anno la World Action on Salt and Health (WASH) propone la “Settimana mondiale per la riduzione del consumo di sale”. Una campagna di sensibilizzazione per la riduzione del consumo di sale a cui anche quest’anno la Società Italiana di Nutrizione Umana (SINU), in collaborazione con il Gruppo Intersocietario per la Riduzione del Consumo di Sodio in Italia (GIRCSI) ha aderito (16-22 marzo 2015).
- Leggi attentamente l’etichetta nutrizionale per scegliere, in ciascuna categoria, i prodotti a minore contenuto di sale e cerca i prodotti con un quantitativo inferiore a 0.3 grammi per 100 g ( attenzione ai composti come fosfato monosodico, glutammato di sodio, benzoato di sodio, citrato di sodio).
- Riduci l’uso di sale aggiunto in cucina, preferendo comunque minime quantità di sale iodato.
- Limita l’uso di altri condimenti contenenti sodio (dadi da brodo, maionese, salse)
- Non portare in tavola sale o salse salate, in modo che non si acquisisca l’abitudine di aggiungere sale sui cibi, soprattutto tra i più giovani della famiglia.
- Riduci il consumo di alimenti trasformati ricchi di sale (snack salati, patatine in sacchetto, alcuni salumi e formaggi, cibi in scatola).
- Scola e risciacqua verdure e legumi in scatola prima di consumarli.
- Evita l’aggiunta di sale nelle pappe dei bambini, almeno per il primo anno di vita.
- Ricorri all’uso di spezie (peperoncino, pepe, curry, noce moscata, zenzero, cannella, cumino, cardamomo, coriandolo), erbe aromatiche (basilico, origano, aglio, porro, cipolla, prezzemolo, maggiorana, timo, rosmarino, salvia, menta, finocchio, sedano)
- Esalta il sapore dei cibi usando succo di limone e aceto. Importante poi, come sempre, è leggere attentamente le etichette alimentari.
In genere il nostro organismo elimina autonomamente l’eccesso di sodio introdotto con la dieta ma vi sono diverse circostanze cliniche in cui viene consigliata una dieta povera di sodio.
La dieta iposodica è spesso indicata:
- nelle cardiopatie, o meglio nell’insufficienza cardiaca, quando occorre “alleggerire” la massa di sangue pompata dal cuore;
- nelle sindromi nefrosiche o in altre malattie del rene, in cui diminuisce il filtrato e i liquidi tendono a rimanere nel corpo;
- in alcune situazioni che prevedono alterazioni ormonali o cure con ormoni surrenali (cortisoni e simili);
- nell’ipertensione.