I test diagnostici per la celiachia sono suddivisi in due livelli: il primo livello include la ricerca degli anticorpi anti-transglutaminasi (anti-tTG) e anti-endomisio (EMA), oltre alla biopsia duodenale per confermare la diagnosi. Il secondo livello prevede l’indagine per gli HLA della celiachia, utilizzata in casi particolari.
Seppure sono in fase di studio alcune terapie innovative, l’unica attualmente disponibile per la celiachia rimane una dieta rigorosamente priva di glutine.
Test di primo livello
- Anticorpi anti-Peptidi Deamidati della Gliadina di classe IgA e IgG: GPA e GPG
- Anticorpi anti-Transglutaminasi tissutale IgA
- Anticorpi anti-Endomisio IgA
- Anticorpi anti-Transglutaminasi tissutale IgG
- Anticorpi anti-Endomisio IgG
(utili nei casi di deficit di IgA)
- Anticorpi anti-Gliadina “Convenzionali” o di prima di generazione
- Anticorpi anti-Gliadina IgA
- Anticorpi anti-Gliadina IgG
Nonostante il test EMA fosse già diffuso, la scoperta che la marcatura del tessuto è dovuta alla presenza della transglutaminasi è piuttosto recente; essa effettua un cross-linking tra la glutammina e la lisina – modificazione che effettuata sulla gliadina del glutine la rende maggiormente immunogenica – ed esiste una forma di membrana della proteina che riveste il ruolo di GTP binding protein. Il test diagnostico mira al riconoscimento della presenza degli anticorpi che riconoscono tale proteina; il siero dei pazienti viene analizzato attraverso un dosaggio immunoenzimatico (Test ELISA) per la ricerca degli anticorpi di classe sia IgG che IgA.
Per quanto riguarda gli anticorpi anti-endomisio, vi è un’analisi del siero dei pazienti in immunofluorescenza che ricerca una specifica marcatura delle sezioni di esofago di scimmia o di cordone ombelicale umano.
Sensibilità e specificità dei test disponibili
Inizialmente il test utilizzato puntava al riconoscimento degli anticorpi antigliadina, tuttavia non era né sensibile né specifico, pertanto non molto efficace. Si verificavano spesso dei falsi positivi nei pazienti affetti da particolari patologie – ad esempio malattie infiammatorie intestinali, HIV e artrite reumatoide – a causa del riconoscimento di epitopi lineari troppo comuni. Si sarebbe pertanto reso necessario abolire il test in mancanza di un sostituto maggiormente utile.
Nel 2000, sulla base del fatto che l’enzima transglutaminasi opera una deamidazione specifica sulla glutammina, si sono individuate le sequenze di gliadina che potevano essere processate in questo modo – α-gliadina e γ-gliadina – e sono stati costruiti peptidi dove l’α-glutamina veniva sostituita in posizioni diverse con acido glutamico. In alcune di queste posizioni si erano osservati dei cambiamenti significativi e su queste basi si sono costituiti dei test che fanno uso di anticorpi che riconoscono questi peptidi deamidati (AGA-DGP). La sensibilità e specificità di questi test sierologici ad oggi è circa l’80%; in alcuni casi si continua ad usare il test anti-gliadina, soprattutto nei bambini sotto i 2 anni che non hanno ancora attiva la transglutaminasi (spesso vengono usati assieme) e nel caso di positività si fa successivamente il test dell’anti-endomisio.
Al fine di effettuare una diagnosi, oggi si valuta l’andamento degli anticorpi dei pazienti successivamente alla dieta: attraverso dei follow up si indaga se i loro livelli diminuiscono ed eventualmente se le lesioni istologiche tipiche della mucosa intestinale persistono. Un altro metodo è la valutazione della presenza di anticorpi – sia IgA che IgG – anti-peptidi deamidati della gliadina. Come ultima opzione si può valutare la presenza di anticorpi anti- tranglutaminasi – questi tuttavia non si abbassano subito con la dieta.
Le ditte commerciali, in favore di laboratori privati, hanno elaborato anche dei test semplici che possano essere utilizzati in tutta Italia; accade che alcune strutture pubbliche si associano a grandi strutture private per questi esami. Tutti dovrebbero avere anche le stesse piattaforme per poter elaborare ugualmente i dati, e per essere riconosciuti questi laboratori devono sottoporsi a controlli di sicurezza sia interni che esterni.
Il trattamento dietetico tende a ridurre fino alla loro scomparsa gli anticorpi, che tuttavia non presentano una curva stabile di riduzione, in dipendenza da due fattori: i valori di partenza sono certamente importanti, e la dieta va svolta alla perfezione – non viene sempre seguita con rigore da tutti i pazienti soprattutto se non si presentano dei sintomi importanti dopo l’ingestione del glutine. Anche dopo anni di terapia però, il paziente celiaco non presenta mai una mucosa standard e la soglia di glutine che fa manifestare la risposta immunitaria è davvero minima.
Test particolari
Alcuni test che si possono effettuare non vengono svolti abitualmente per la diagnosi della malattia ma possono essere di supporto agli altri analizzati finora. Essi sono di quattro tipologie:
- Ricerca degli anticorpi anti F-actina – attraverso immunofluorescenza, essi sono correlati con il danno duodenale ma si tratta di un test poco sensibile che risulta positivo solitamente in casi già praticamente conclamati.
- Ricerca degli IgA nella mucosa duodenale – è un test molto accurato ma difficile da svolgere e invasivo, necessitando della biopsia.
- EMA biopsy – test di indagine di secondo livello da effettuarsi solo in speciali situazioni (pazienti con anti-TGA borderline ma assenza di atrofia dei villi, indipendente dal risultato dell’EMA); presenta delle problematiche come la casualità del prelievo bioptico, è difficile da effettuare e la lettura è operatore dipendente.
Caratteristiche dei test di secondo livello
I test di secondo livello riguardano la tipizzazione degli HLA; il rischio maggiormente elevato della malattia viene determinato dalla presenza dell’allele DQB1*02, soprattutto in omozigosi, tuttavia la presenza di aplotipi predisponenti anche in una buona fetta della popolazione sana (30%) non rende questo test utile alla diagnosi della malattia – esso è predittivo, perché un individuo negativo non si ammalerà mai.
Questa tipologia di indagine viene consigliata in caso di dubbio diagnostico oppure in soggetti che appartengono a categorie particolarmente a rischio, come i consanguinei di persone malate. La tipizzazione deve necessariamente includere:
- Gli alleli DQA1*05, DQB1*02 e DQB1*0302
- Controlli negativi e positivi
Per una maggior completezza si dovrebbe includere anche:
- Gli alleli DQA1*03 e DBR1*03, DBR1*04, DBR1*07, DBR1*11
- La determinazione dello stato di omozigosi DQB1*02
I test vengono svolti dal prelievo di sangue periferico sottoposto poi a PCR.
Non esistono limitazioni sui soggetti che possono richiedere il test, che viene prescritto da specialisti pediatri o gastroenterologi; esso viene svolto da laboratori di genetica o accreditati per tale tipologia di test (sottoposti a controlli di qualità). Data la complessità del sistema HLA, si consiglia sempre una stretta collaborazione tra il medico che richiede il test ed un genetista oppure un centro di riferimento per la celiachia.
Nei primi due aplotipi è sufficiente indicare le prime due cifre perché tutti gli alleli del gruppo sono ugualmente a rischio, mentre per l’ultimo sono necessarie tutte quante perché l’aplotipo DQB1*0301 non è a rischio.
Alimenti naturalmente privi di glutine
- Legumi
- Riso
- Patate
- Mais
- Miglio
- Grano Saraceno
- Castagne
- Quinoa
- Amaranto
- Sesamo
- Soia
- Sorgo
- Tapioca
Terapie disponibili
Attualmente l’unica terapia per la celiachia è l’adozione di un’alimentazione priva di glutine; essa è permanente e va seguita in modo attento e rigoroso. Si tratta purtroppo di una dieta molto restrittiva, e migliora le condizioni dell’endotelio intestinale seppur non ritorni mai allo status precedente la patologia.
Sono tuttavia in fase di studio alcune possibili terapie innovative:
- Cereali a bassa tossicità
- Vaccini – induzione di tolleranza
- Antagonisti della zonulina – AT-1001
- Inibitori della tTG
- Detossificazione dei peptidi della gliadina
- Terapia orale con endopeptidasi batteriche
- Trattamento con citochine ed anti-citochine
- Terapia genica sul sistema immune
- Deplezione delle cellule T – anti-CD3
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