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L’intolleranza ereditaria al fruttosio (HFI) e la galattosemia sono due malattie metaboliche ereditarie.
L’HFI è una malattia autosomica recessiva che impedisce il metabolismo del fruttosio a causa di un deficit dell’enzima aldolasi B. I sintomi variano da vomito e diarrea nei bambini a ipoglicemia e danno epatico negli adulti.
La galattosemia comprende un gruppo di malattie metaboliche genetiche rare che impediscono il metabolismo del galattosio. La forma classica può essere grave e potenzialmente fatale, mentre altre forme sono meno severe.

Intolleranza ereditaria al fruttosio

L’HFI è una malattia autosomica recessiva riguardante il metabolismo dei carboidrati, nello specifico del fruttosio, con un’incidenza di 1:20000 soggetti. È causata da un deficit a carico dell’enzima aldolasi B, che si occupa di trasformare il fruttosio-1,6-bisfosfato in diidrossiacetone fosfato, nel quarto step della glicolisi; questo causa l’incapacità negli affetti di metabolizzare il fruttosio. Si tratta di una malattia geneticamente eterogenea per la quale sono state evidenziate 35 possibili mutazioni, ma sono tre quelle maggiormente presenti e che ricorrono nell’80% dei casi.

I sintomi nei bambini o negli adulti affetti non si manifestano finché viene mantenuta una dieta priva di alimenti contenenti il fruttosio; in età pediatrica più è precoce l’inserimento di fruttosio nella dieta del bambino maggiore è la reazione avversa cui può andare incontro. Il livello di tollerabilità al fruttosio senza presentare sintomi evidenti varia molto da individuo a individuo, ma nei primi mesi di vita i sintomi che si osservano più frequentemente sono vomito, diarrea, rifiuto dell’alimentazione e ritardo di crescita. Altre problematiche cui i malati possono andare incontro sono ipoglicemia e danno epatico: con un’assunzione prolungata di fruttosio gli episodi di ipoglicemia diventano più frequenti ed il danno epatico e renale progredisce.
Negli adulti non diagnosticati generalmente non si presentano tutti i sintomi in quanto viene istintivamente seguita una dieta priva di fruttosio, dovuta all’avversione verso dolci e frutta. L’esclusione completa di questo zucchero dalla dieta è tuttavia molto difficile, essendo presente in moltissimi prodotti da forno ed anche nei farmaci; molti soggetti affetti da HFI pertanto sviluppano una sindrome da intossicazione cronica caratterizzata da epatomegalia – ingrossamento del fegato che assume un aspetto steatosico – e malattie croniche di quest’organo e dei reni. Questi pazienti, se non propriamente trattati, possono andare incontro a crisi ipoglicemiche dovute all’effetto di inibizione della sintesi del glucosio causato dal fruttosio accumulatosi nel fegato, e possono soffrire di malesseri vari che rendono spesso le loro relazioni con i familiari difficili a causa delle loro abitudini alimentari particolari.

La diagnostica può essere effettuata sia attraverso il dosaggio enzimatico operato su biopsia del fegato, sia preferenzialmente con un test da carico di fruttosio – somministrazione di 200mg/kg. In laboratorio sono numerosi i valori che risultano essere alterati:

  • Deficit di fruttosio-1,6-bisP aldolasi B;
  • Iperbilirubinemia;
  • Iperuricemia;
  • Iperuricosuria;
  • Glicosuria;
  • Aminoaciduria transitoria;
  • Ipofosfatemia;
  • Fosfaturia;
  • Bicarbonaturia;
  • pH urinario elevato;
  • Livelli elevati di magnesio plasmatico e urinario.

La terapia per questa patologia è essenzialmente nutrizionale e consiste nell’eliminazione dalla dieta di tutte le fonti di fruttosio, saccarosio e sorbitolo. Il fruttosio è contenuto praticamente in tutta la frutta, ma è presente anche in molti alimenti e soprattutto sotto varie forme in diversi prodotti dietetici industriali o farmaci. È importante anche evitare il digiuno prolungato, soprattutto nei periodi di stress.

Iniziata la terapia dietetica il decorso clinico è caratterizzato da uno sviluppo intellettivo adeguato all’età e dalla normalizzazione della crescita staturale. I bambini piccoli tuttavia spesso continuano ad avere epatomegalia per mesi ed anni nonostante una terapia adeguata; la ragione di tale andamento non è chiara ma può essere correlata con un grado di intolleranza particolarmente elevato a fonti nascoste di fruttosio e saccarosio. Con il trattamento dietetico, la prognosi è ottima, con normale crescita, sviluppo intellettivo e aspettativa di vita.

Galattosemia

Sotto il termine di galattosemia viene compreso un gruppo di malattie metaboliche genetiche rare, caratterizzate da difetti a carico del metabolismo del galattosio e che comportano una serie di sintomi variabili. Queste malattie sono tutte autosomiche recessive e comprendono:

  • Galattosemia classica – grave e potenzialmente fatale.
  • Deficit di galattochinasi – forma lieve rara; sviluppo di cataratta se non trattata.
  • Deficit di galattosio epimerasi – forma molto rara di gravità variabile, simile alla forma grave della galattosemia classica.

Il galattosio è una fonte di energia fondamentale per l’uomo, ma affinché posso essere utilizzato deve essere convertito in glucosio. I principali enzimi coinvolti in questo processo sono tre, e pertanto si distinguono tre tipi di malattia: la galattosemia classica (o di tipo I) vede un deficit di galattosio-1- fosfato uridiltransferasi (GALT); quella di tipo II invece riguarda la galattochinasi; infine la galattosemia di tipo III presenta degli errori nell’uridindifosfato galattosio- 4- epimerasi (GALE).

Il deficit di ognuno di questi tre enzimi porta ad una conversione difettiva del galattosio in glucosio; generalmente i primi segni della malattia si presentano nel periodo neonatale a seguito dell’ingestione del lattosio con il latte materno.

Le conseguenze biochimiche dei difetti genetici nel metabolismo dello zucchero sono rappresentate dall’aumento di esso e dei suoi metaboliti nei fluidi corporei. Il quadro clinico della forma classica si presenta già in epoca neonatale con una epatopatia con segni di severa insufficienza epatocellulare (ittero, ipoglicemia, coagulopatia, ipoalbuminemia) in alcuni casi associato a gravi crisi neurometaboliche e da severe complicanze a lungo termine.
Sono state tuttavia anche descritte forme con minore impegno clinico, fino a quadri oligosintomatici e con normale sviluppo.

I neonati in genere assumono oltre il 20% del fabbisogno calorico sotto forma di lattosio, un disaccaride formato da una molecola di glucosio e una di galattosio. In assenza dell’enzimagalattosil-transferasi i pazienti non sono in grado di metabolizzare il galattosio-1-fosfato,l’accumulo del quale è il principale determinante del danno epatico, renale, e cerebrale. Il danno può colpire in utero i feti affetti di madri eterozigoti mediante il passaggio transplacentare del galattosio che origina dalla dieta delle madri o mediante produzione endogena di galattosio da parte del feto stesso.

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