La frittura
Il processo
Nel processo di frittura avvengono più fasi:
Fase 1→l’olio viene scaldato a 180°C poi si aggiunge l’alimento in quantità limitate se non si altera la temperatura. L’alimento è immerso nell’olio e non è a contatto con l’O2.
Fase 2→ l’acqua durante il processo è continuamente rilasciata dal prodotto (temp olio >> temp ebollizione H2O)→ l’acqua comincia ad evaporare → si crea un effetto corrente di vapore che ostacola l’ingresso dell’ossigeno ed il contatto con il lipide. La corrente di vapor acqueo trascina con sè molecole volatili: aromi o flavour dell’alimento caldo.
Fase 3→ formazione della crosta che funziona da barriera per la perdita di acqua. Gli alimenti durante tale processo di cottura assorbono dal 5% al 40 % di lipide
Le regole per una sana frittura
La frittura è sicuramente un metodo di cottura che insaporisce notevolmente i cibi e conferisce all’alimento una consistenza non raggiungibile da altri metodi di cottura.
Premesso che non esiste alimento che consumato sporadicamente possa fare male alla salute…si sa che è meglio non eccedere con il consumo di alimenti fritti; ovviamente il fritto va evitato se si soffre di particolari patologie epatiche o pancreatiche.
Il fritto va bene solo se si seguono delle importantissime regole!
Innanzitutto è essenziale la scelta dell’olio che deve essere l’olio extravergine d’oliva. L’olio extra vergine d’oliva è ricco di acidi grassi monoinsaturi e di tocoferoli (antiossidanti), è privo di acidi grassi trans e idrogenati e quindi molto stabile durante la cottura (punto di fumo circa 210°C).
È meglio evitare l’olio di girasole, mais, soia, colza e vinaccioli in quanto hanno un minor punto di fumo e una maggiore percentuale di acidi grassi polinsaturi.
Altro fondamentale parametro è la temperatura che per una frittura perfetta deve avvenire con una temperatura dell’olio compresa fra i 160°C e i 180°C. In questa maniera sull’alimento che friggiamo si forma subito una crosticina croccante che oltre a rendere il cibo più gustoso e a migliorarne la consistenza, evita che venga assorbita una quantità eccessiva di olio. Al di sopra dei 180°C l’olio d’oliva inizierà a ossidarsi, fumare e a rilasciare un odore acre (a tal scopo consigliamo l’uso di una friggitrice o di un termometro per alimenti). Inoltre alla suddetta temperatura si forma l’acroleina che causa irritazione alle mucose, dermatiti, aumento dell’incidenza di tumori negli animali da esperimento e le parti bruciate o scure contengono l’acrilamide, cancerogena e dannosa per la nostra salute.
È importante non riutilizzare l’olio usato, cercare di ridurre al minimo i tempi di cottura, asciugare gli alimenti fritti su carta paglia, e non su carta da cucina assorbente poiché potrebbe cedere sostanze chimiche all’alimento.
Sale e spezie in quanto accelerano l’alterazione degli acidi grassi vano aggiunti sul prodotto finito.
Ma cosa succede ai cibi fritti allora? Perché farebbero “bene” alla salute?
Secondo recenti ricerche, il carico glicemico dei cibi cotti in olio viene ridotto, ovverosia la loro capacità di rilasciare zuccheri nel sangue. Cuocere in olio bollente, quindi, va bene per qualsiasi alimento e, nel caso di ortaggi, cereali, e cibi proteici, sono anche migliorate le proprietà organolettiche. Al contrario delle credenze comuni, i cibi fritti sarebbero addirittura più digeribili di altri in quanto disidratati nel processo di friggitura, rendendoli più facilmente aggredibili dai succhi gastrici. La frittura agisce principalmente grazie ad un’azione coleretica e colagoga, in altre parole fa contrarre e decongestionare la colecisti.
E c’è di più: le proprietà nutrizionali di un cibo fritto sono paragonabili a quando è crudo. Questo accade solo quando la temperatura dell’olio è mantenuta elevata e costante, grazie al quale si evita che l’olio penetri nell’alimento grazie all’immediata creazione di una barriera lipidica: la barriera evita la penetrazione del grasso nel cibo e, allo stesso tempo, ne preserva i nutrienti. La frittura, dunque, aiuta a conservare tutte le proprietà nutrienti dell’alimento che, con altri metodi di cottura, andrebbero perdute.
Bisogna andare al di là del conteggio delle calorie e accogliere una prospettiva più ampia: per esempio, anche da come associamo gli alimenti tra loro e dalla successiva risposta degli ormoni.